La forza del Digital Smile Design – Intervista al Dott. Vaccari

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  • DSD, “una filosofia di lavoro insostituibile”

DSD, “una filosofia di lavoro insostituibile”

Una mia intervista sulla rivista “Il dentista Moderno”

Lo definisce così Simone Vaccari, 39 anni, odontoiatra di Modena, il Digital Smile Design, il protocollo operativo ideato da Christian Coachman che il giovane libero professionista modenese ha fatto suo dopo averne  sperimentato i vantaggi sia sotto il profilo estetico, sia rispetto alla pianificazione del lavoro e alla possibilità di comunicare meglio con il paziente.

“Sin da quando ho iniziato a lavorare, mi sono sempre interessato di cosmesi ed estetica dentale”, spiega, “ovviamente in quanto odontoiatria mi sono preparato su vari fronti, anche se il mio intento negli anni. stato quello di volermi concentrare proprio su questi aspetti più che su altri, perch. li ho sempre considerati di primaria importanza”.

Di fatto, ammette, chi come lui si occupa di cosmesi odontoiatrica opera come un dentista generico, tuttavia con un’attenzione in più. “Se, ad esempio, devo riabilitare un dente”, spiega, “mi preoccupo degli aspetti funzionali, ma anche e in modo particolare di quelli estetici che in alcune circostanze possono perfino condizionare l’intero lavoro. In realtà non tutti i pazienti sono sensibili a questi elementi, ma altri s. e con richieste ben precise che noi odontoiatri con questa forma mentis dobbiamo saper soddisfare”.

Per farlo, il professionista innanzitutto si deve affidare alla competenza di un buon odontotecnico che sappia realizzare protesi all’altezza delle aspettative. “Per questo la scelta deve cadere su tecnici che abbiano la nostra stessa visione”, sostiene, “attenti all’aspetto non solo del dente in sé, ma anche dell’integrazione estetica che il dente può e deve avere nell’ambito della bocca; come pure prediligere l’odontotecnico che utilizzi metodiche più raffinate di altre, per ottenere un risultato superiore in termini estetici, sebbene poi la resa della protesi nel tempo sia la stessa”.

Oggi, per fortuna, la tecnologia mette a disposizione programmi di simulazione che aiutano in questo delicato compito, rendendo un po’ più semplice sia il lavoro di pianificazione, sia la comunicazione con il paziente riguardo le aspettative, perché chi è sensibile all’estetica ha piacere di vedere in anticipo quale sarà il risultato finale. Il Digital Smile Design appartiene alla famiglia di questi strumenti. “Per me è soprattutto una visione, una filosofia di lavoro”, chiarisce, “una tecnica che, anche grazie all’aiuto di software, che tuttavia non sono indispensabili, permette di pianificare il lavoro, studiarlo con il team e l’odontotecnico, per poi mostrarlo al paziente”.

Anche per il procedimento è semplice. “Dopo aver realizzato  un’adeguata documentazione fotografica, con attrezzature altamente sofisticate, come si fa abitualmente”, spiega, “prendiamo le impronte ed eseguiamo gli esami radiografici di routine. Da qui inizia la nostra fase di studio e la pianificazione può essere supportata anche grazie all’impiego di un software di presentazione, come KeyNote e Power Point, che consente di riunire in un’unica cartella di lavoro tutta la documentazione raccolta e prodotta”. La fase di pianificazione è molto utile perché consente di studiare meglio il caso, ma anche di poter trasmettere i dati elaborati al laboratorio o ad altri professionisti, come l’ortodontista o il chirurgo parodontale. “Una volta studiato il caso”, continua, “formuliamo il piano di trattamento. Proponiamo fisicamente un modello: in base alle impronte rilevate, pianifichiamo e inviamo i dati all’odontotecnico che prepara una ceratura diagnostica, cioè realizza in cera il sorriso perfetto sul modello in gesso.

Il sorriso in cera viene poi copiato da un silicone, detto “indice di silicone” che ricalca esattamente quanto preparato dal tecnico. A questo punto, nel calco in silicone viene inserito del materiale ad alta resa estetica, praticamente un modello che può essere messo nella bocca del paziente, ad esempio sopra i denti da sostituire. Questa tecnica, nota come mockup, si fa in una seduta dimostrativa e permette al paziente di vedere come sarà il lavoro finito e all’odontoiatra di fotografare il risultato”. Si tratta di una procedura di routine, fa sapere, che oltre a esser utile al professionista e al tecnico, sembra essere anche un ottimo strumento per convincere o meglio illustrare al paziente la bontà del trattamento proposto. “Nel mio studio, oltre l’80% delle persone sottoposte a questa procedura alla fine accetta il trattamento riabilitativo”, fa sapere, “forse perché le persone in questo modo hanno la possibilità di vedersi, toccare e provare persino per alcuni giorni la mascherina in silicone, che ha uno spessore  di circa 0,2 millimetri e dunque non crea quasi alcun fastidio, così da mostrare ai parenti e agli amici più stretti come apparirà la protesi e averne un giudizio”.

Il sistema DSD, secondo, è da preferire ai programmi digitali di simulazione che in ogni caso, secondo l’odontoiatra di Modena, hanno più un’utilità per gli addetti ai lavori che non per il paziente. “Personalmente non mostro mai il lavoro di pianificazione che serve solo a me e a chi lavora nel mio studio”, spiega, “anche perché il paziente ha la capacità di valutare con precisione solo ciò che ha in bocca”.

Il DSD è dunque una filosofia di lavoro che supporta il paziente e aiuta l’odontoiatra a trovare la strada giusta. “Sì, perché, per quanto si abbia la capacità di cogliere il desiderio altrui” spiega, “l’odontoiatra si può sbagliare, mentre il destinatario della riabilitazione, il paziente, vedendosi il dente o la protesi in bocca, può dare utili indizi e consigli su come ultimare il lavoro”. I vantaggi sono dunque evidenti, ma quanto si allunga dal punto di vista temporale il processo di riabilitazione? “Di fatto si accorcia”, sostiene, “perché nonostante le due sedute iniziali e la fase di programmazione, alla quale dedico parecchio tempo, per il resto il lavoro scorre più velocemente, con la garanzia quasi assoluta di soddisfare le aspettative del paziente, al quale non interessa il mezzo, vuole il risultato desiderato.

Dalla mia esperienza ho imparato che il paziente vuole “comprare” il risultato: i mezzi diagnostici, terapeutici per ottenere un certo esito interessano poco, anche perché i procedimenti sono spesso complessi e difficili da capire”. Ma questa procedura non può ritorcersi contro il professionista, qualora il lavoro finito non risultasse uguale a quello prospettato? “Questo, in effetti, potrebbe accadere”, ammette, “anche se di solito non succede, perché la filosofia DSD prevede di pianificare lavori fattibili, realistici. Poi, ovviamente, le diverse competenze di ciascuno possono influire sul risultato che essendo assimilabile a un lavoro artistico o artigianale dipende dalla capacità dell’operatore.

Personalmente, a oggi, non ho avuto neppure un solo paziente rimasto deluso dal lavoro, e sì che utilizzo questo metodo già da quattro, cinque anni”. In ogni caso, poi, qualora dovessero nascere contenziosi, avere una documentazione dettagliata di quanto rilevato, studiato e proposto . solo una garanzia ulteriore per il professionista. “La si può mostrare al paziente”, suggerisce, “insieme al consenso informato debitamente firmato e trovare insieme un accordo, anche se non ho mai avuto simili problemi”.

Evidentemente, la filosofia DSD apre canali privilegiati di comunicazione, permette di instaurare rapporti personali con il paziente che durano nel tempo. “Sì, è vero”, conferma, “il paziente ha la percezione che stiamo lavorando per lui e con lui e mai la sensazione di essere per qualsiasi ragione ingannato”. Nel panorama della medicina, che sovente richiede ai pazienti per cos. dire atti di fede, fa notare l’odontoiatra modenese, disporre di una procedura operativa capace di mostrare le reali possibilità di un atto medico, equivale a un valore aggiunto. “Ė un metodo che permette a noi liberi professionisti di distinguerci”, sostiene, “di poter contare sulle preferenze dei pazienti già curati e rimasti soddisfatti, che poi sono quelle che pi. contano nel nostro settore”.

Un consiglio per i giovani odontoiatri interessati a questo metodo: bisogna seguire dei corsi per apprenderlo? E, soprattutto, quanto tempo ci vuole per abbracciare la nuova filosofia? “Di tempo non ce ne vuole molto, il metodo non richiede una formazione di anni, ma neppure di un solo week end”, risponde, “tuttavia, bisogna comunque impegnarsi molto: in tal caso i risultati non tardano ad arrivare. C’è. poi da considerare l’investimento economico per seguire i corsi e acquistare l’attrezzatura, cioè computer e macchina fotografica, perché si tratta di una procedura semplice nel metodo, ma sofisticata nei mezzi.  In ogni caso, non mi sono mai pentito di avere speso soldi per abbracciare questa filosofia. Ė un investimento che si ripaga ampiamente e inoltre è un modo bello, divertente e nuovo di lavorare rispetto alla solita odontoiatria. Ci sono moltissimi aspetti che per me, in questo momento della mia vita, rendono il DSD un modello, una filosofia di lavoro insostituibile”.

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