- A tuo avviso, cosa dovrebbero valutare i pazienti nella scelta di un dentista?
- Quanto è importante l’empatia nell’”identikit” dell’odontoiatra affidabile?
- Com’è cambiata la percezione del ruolo del dentista nel tempo?
- In che modo l’estetica dentale ha cambiato la visione dei pazienti?
- Come influisce l’estetica dentale sul rapporto medico-paziente?
- Anche in Italia, oggi, le persone cercano il sorriso “perfetto”?
- Dopo esperienze in tutto il mondo, come mai hai aperto il tuo studio a Modena?
- Domanda retorica: pensi di trasferirti altrove in un prossimo futuro?
- Hai obiettivi futuri in ambito professionale o ti senti già soddisfatto?
- Cosa consigli ai giovani e alle giovani che si avviano agli studi di odontoiatria?
Di tutto questo e di molto altro abbiamo parlato col nostro Simone Vaccari, odontoiatra con vent’anni di esperienza alle spalle ed esperto di estetica dentale, di cui si occupa con passione nel suo studio dentistico a Modena.
A tuo avviso, cosa dovrebbero valutare i pazienti nella scelta di un dentista?
È una domanda difficile: infatti, sapere quali criteri dovrebbe valutare un paziente per scegliere un dentista e un medico in generale è complesso, e adesso spiego perché.
Molto spesso, si utilizzano criteri tecnici che rientrano nel settore specifico, e anche per un medico generico o dentista generico, quindi un insider, può risultare complicato suggerire come valutare il professionista o la professionista migliore di quello specifico settore.
Ciò che posso suggerire ai pazienti è di utilizzare tutti i canali informativi a disposizione, anche i social, i siti di recensioni, che oggi sono molto più numerosi e diversificati di un tempo.
Per esempio, ai tempi dei miei genitori non esisteva certo Internet e i metodi di comunicazione erano assai diversi, perciò il passaparola era lo strumento più utilizzato (ed è comunque sempre valido!)
Oggi è anche molto più facile riuscire a fissare un primo appuntamento di presentazione e confronto col medico, non più quella figura distante che era un tempo.
Questo aspetto è centrale perché una più agevole comunicazione può semplificare la valutazione dei pazienti, e far capire loro che non è sempre necessario affidarsi al luminare di una determinata branca medica, ma scegliere quel medico che da un punto di vista empatico (oltre che professionale, naturalmente) soddisfa le esigenze del paziente.
Quanto è importante l’empatia nell’”identikit” dell’odontoiatra affidabile?
È piuttosto importante. I pazienti devono sapere che il dentista capisce le loro esigenze. Ciò è reciproco: anche lo stesso medico ha bisogno di trovarsi in sintonia col paziente, per collaborare più facilmente e stabilire un rapporto di fiducia.
Per ciò che mi riguarda, dunque, è necessario cercare un confronto aperto e trasparente col professionista, per capire se la sua metodologia di lavoro, la sua visione e le sue proposte siano in sintonia con le esigenze dei pazienti.
Il rapporto fiduciario (oserei dire quasi di amicizia) tra medico e paziente è la vera chiave di volta del successo delle terapie che svolgiamo ogni giorno.
Com’è cambiata la percezione del ruolo del dentista nel tempo?
È cambiata tantissimo! C’è stato un fondamentale cambio di paradigma nella concezione stessa del dentista e delle potenzialità di questo ruolo, da sempre associato al dolore, alla sofferenza e alla soggezione (soprattutto negli anni Settanta e Ottanta).
Anni fa, infatti, andavamo dal dentista quando avevamo male ai denti o per risolvere situazioni di emergenza. Il famoso “cavadenti” era spesso una figura priva di preparazione o studi alle spalle, che interveniva sommariamente per risolvere situazioni di emergenza.
Non esisteva il concetto di prevenzione, le persone non sapevano in che modo prendersi cura della propria salute orale e, fino agli anni Settanta e Ottanta, andare dal dentista era una tortura.
Intorno agli anni Duemila, la situazione è cambiata, anche perché in Italia sono state diffuse le varie pratiche di estetica dentale.
In che modo l’estetica dentale ha cambiato la visione dei pazienti?
Fino a non molti anni fa, in Italia l’estetica dentale e soluzioni come lo sbiancamento erano praticamente sconosciute. La patria dell’estetica dentale è la California, dove ho avuto la fortuna di formarmi, in particolar modo a Los Angeles.
Proprio lì ho avuto l’occasione di conoscere tecniche e modi di lavorare ben lontani da ciò che avevo vissuto, studiato e sperimentato nella mia realtà locale italiana.
Negli anni 1999-2000 lo sbiancamento dentale in Italia era pressoché sconosciuto e i dentisti che lo suggerivano (e lo praticavano) erano davvero pochi. Invece, in California, tutto questo era ben noto e diffuso.
Gli stessi ragazzi adolescenti richiedevano spesso come regalo ai genitori lo sbiancamento dentale, era una cosa normale. È proprio qui che la passione per l’estetica dentale ha messo radici in me.
Non solo lo sbiancamento, ma anche le faccette dentali e altre soluzioni di estetica dentale erano pratiche all’avanguardia e molto diffuse rispetto alla “cultura odontoiatrica” del nostro Paese.
Proprio recentemente, negli Stati Uniti è stato realizzato il programma Extreme makeover, nel quale alcune persone con differenti esigenze estetiche venivano affidate a professionisti di svariati ambiti della bellezza, per sottoporsi a pratiche di chirurgia plastica, dimagrimento, cambio look.
Si è scoperto che, malgrado tutti vari trattamenti estetici, mancava ancora qualcosa: un bel sorriso armonico; perciò è stato interpellato il dentista Bill Dorfman per occuparsi nello specifico del sorriso dei partecipanti.
Come influisce l’estetica dentale sul rapporto medico-paziente?
L’estetica dentale ha cambiato proprio la concezione del ruolo del dentista, la distanza con i pazienti si è assottigliata, facendo emergere il lato empatico. Infatti, l’estetica dentale si occupa sì di questioni estetiche, ma quasi di natura psicologica, quindi mira a migliorare il sorriso e la vita delle persone, e proprio questo è stato per me un fortissimo stimolo ad approfondire questo mondo.
Dagli anni Duemila, anche in Italia l’estetica dentale ha iniziato a prendere piede. Dopo la mia esperienza all’estero, ho lanciato una sfida a me stesso: rientrare in Italia e trasferire il mio bagaglio conoscitivo ed esperienziale proprio nella mia città, Modena.
Inizialmente non è certo stato facile, ma devo dire che il tempo mi ha dato ragione: oggi l’estetica dentale è molto più conosciuta e praticata, le richieste sono aumentate e ne ho fatto la mia professione.
Anche in Italia, oggi, le persone cercano il sorriso “perfetto”?
Le persone hanno capito che un bel sorriso regolare è un ottimo biglietto da visita e può concretamente migliorare la vita di relazione e il benessere psicologico, e si rivolgono al mio studio proprio per questo.
L’importanza del sorriso è stata anche scientificamente dimostrata. Infatti, sin dai suoi studi degli anni Sessanta, il fisiologo russo Alfred Yarbus si accorse molto presto, scrivendo una tesi sui muscoli oculo-motori, di come la visione umana fosse catturata dalle concavità a sfondo bianco.
Come dicevo prima, dagli anni 2000 in poi si è definitivamente compresa la centralità dell’estetica dentale. Del resto, quando ci troviamo in qualunque situazione pubblica, essere accolti e accogliere le persone con un bel sorriso è un ottimo biglietto da visita, favorisce la socialità.
Dopo esperienze in tutto il mondo, come mai hai aperto il tuo studio a Modena?
“Modena è la mia città”: rubo la risposta che Luciano Pavarotti ha dato a Enzo Biagi, durante un’intervista, quando gli è stata rivolta più o meno la stessa domanda. Di Modena si ama tutto, anche la nebbia, è proprio un istinto.
Sono molto legato alla mia terra, chi è modenese da generazioni lo può capire: le tradizioni, le mie esperienze, questo “legame dell’anima” che ho con la mia città mi ha fatto preferire Modena ad altre soluzioni, e anche agli Stati Uniti, dove avrei potuto trasferirmi perché avevo ricevuto una proposta molto interessante.
Domanda retorica: pensi di trasferirti altrove in un prossimo futuro?
No, non credo proprio di spostarmi altrove in futuro, ho messo radici qui, non solo per ragioni affettive, ma perché qui c’è ancora tanto lavoro di informazione e sensibilizzazione da fare.
Ciò deriva da un fatto culturale: l’odontoiatria è una branca di recente sviluppo. C’è ancora lo spauracchio del temibile “cavadenti”, questa visione va superata con la conoscenza e l’informazione.
Hai obiettivi futuri in ambito professionale o ti senti già soddisfatto?
Ho sempre molti obiettivi che vorrei raggiungere, anche troppi! Ogni tanto sarebbe bene fermarsi a riflettere su quanto è stato fatto, e poi ripartire, ma io sono un entusiasta per natura e ho sempre in mente un sacco di cose nuove da fare.
Tuttavia, al momento, il progetto professionale che mi impegnerà maggiormente è lasciare qualcosa di concreto alle generazioni future, e mi riferisco in particolar modo ai miei figli.
Ho un figlio quasi diciassettenne che sembra aver deciso di intraprendere questa stessa carriera, e farò di tutto per sostenerlo e spronarlo a diventare un valido odontoiatra (anche meglio di quanto sia io).
Al momento, il mio obiettivo è consolidare lo studio proprio a Modena, trasferire tutte le conoscenze ed esperienze che ho maturato durante questi anni di professione e lasciare spazio e iniziativa ai giovani, ritirandomi piano piano da tutto ciò che ho costruito negli anni.
Ho anche una bellissima bambina anche se, in questo momento, sembra che l’odontoiatria non sia la sua fonte di interesse principale, ma non è detto che non riusciremo a trasmettere qualcosa anche a lei della mia professione, come per esempio la determinazione, l’impegno, la curiosità, la trasparenza e la passione che dovrebbe animare chiunque persegua un obiettivo.
Cosa consigli ai giovani e alle giovani che si avviano agli studi di odontoiatria?
Malgrado tutto quello che ho appena detto, questa domanda mi fa sempre un po’ soffrire, perché significa che io stesso non sono più giovane! Del resto, ormai lavoro da oltre vent’anni in questo settore ed è giusto cedere il passo a chi è più giovane e desidera farsi strada.
Il primo suggerimento che mi sento di dare ai giovani è di non lasciarsi “assorbire” dai social e da alcuni (troppi) profili che trasmettono un messaggio sbagliato, anzi, tossico, ossia che sia facile arricchirsi lavorando poco e facendo poca fatica, ottenendo magari risultati rapidi e diventando famosi (mi riferisco non solo all’ambito dell’odontoiatria, ma a tutti i settori e alla vita in generale).
Niente di più sbagliato! Questa deriva è pericolosa, e lo dicono i numeri. Recentemente leggevo che i milionari sotto i 40 anni sono solo il 3%. Ciò significa che il 97% delle persone che ha raggiunto il successo professionale ed economico ha oltre quarant’anni.
Dunque è necessario impegnarsi, studiare ed essere costanti per poter raccogliere, un domani, i frutti del proprio lavoro e della propria determinazione.
Esistono giovani che hanno ottenuto rapidamente molto successo, ma sono eccezioni, e molto spesso queste eccezioni hanno troppa risonanza.
Faccio un esempio pratico: se dovessimo fare un intervento chirurgico delicatissimo, dal quale dipende la nostra vita, ci affideremmo a una figura professionale che ha il 97% di successo o a chi ha il 3% di possibilità? La risposta è scontata.
Proprio per questo, consiglio ai giovani di non fidarsi di questi esempi eclatanti, e nemmeno della pervasività con cui questa narrazione viene propinata.
Si tratta di impegnarsi, studiare tanto, capire come migliorare e costruire la propria strada, specializzarsi ed essere determinati, perché la strada è in salita. L’importante è non scoraggiarsi, ma andare avanti a testa alta.
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