La realizzazione di un sogno: cosa significa oggi fare il dentista?

10 Dicembre 2015 Approfondimenti News

Così Simone Vaccari, modenese, classe ’75, definisce la sua storia professionale, un percorso che lo ha portato ad essere un odontoiatra di fama, forse perché molto attento alle esigenze dei paziente, oltre che alle proprie. In questa intervista spiega il suo punto di vista sull’odontoiatria e i suoi progetti per il futuro.
Simone Vaccari, odontoiatra, libero professionista a Modena, conserva gelosamente un ricordo. É un tema risalente alle scuole elementari. Alla domanda, “cosa vuoi fare da grande?“, aveva risposto senza esitazione: “il dentista”.

 

Il suo percorso formativo si è sviluppato intorno a questo obiettivo, fin dalle superiori, quando per frequentare la scuola di odontotecnica, l’unica che gli avrebbe consentito di iniziare ad avere a che fare con i denti, prende ogni giorno treno e autobus per spostarsi  a Reggio Emilia, con la convinzione che le basi odontotecniche lo avrebbero sicuramente agevolato nella sua professione futura. Ha passione, ma anche fortuna, come lui stesso ammette: inizia infatti a lavorare subito da amici di famiglia che hanno uno studio molto ben avviato e così sin da ragazzo riesce a coniugare teoria e pratica e a realizzare il suo sogno.

 

Tra i suoi maestri annovera Christian Coachman, per quanto riguarda il Digital Smile Design, tecnica che lui stesso utilizza ed insegna, ma anche Stephen Buchanan, i Fratelli Magne, Ed McLaren, l’amico fraterno Mario Semenza. La lista è lunga sono tante a detta sua le persone che vorrebbe ringraziare e da cui ha imparato tanto.

 

Se tornasse indietro, dice, rifarebbe tutto, per questo oggi tra i suoi pensieri c’è solo il futuro.  

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Dottor Vaccari, qual è il suo obiettivo professionale?

Dare il sorriso a chi non ce l’ha, a chi l’ha perso, a chi non è stato fortunato, a chi ha condizioni che hanno minato la qualità o la percezione della propria bocca. Cerco tutti i giorni di fare sorridere quelle persone che per un motivo o per l’altro hanno smesso di farlo, per esempio a causa di un colore anomalo del dente, una posizione sbagliata, una forma non adeguata, oppure un’armonia non inserita nel viso. Spesso si associa il concetto di odontoiatria alla malattia, io invece la penso diversamente e di conseguenza ho cominciato a selezionare i pazienti. Di fatto, da me viene chi sta bene, curo le persone sane, anche se può sembrare un’affermazione un po’ fuori dalle righe.

Questa selezione l’ha fatto nel tempo?

La selezione è avvenuta in maniera naturale, come avviene in qualsiasi altra professione: quando si intraprende un’attività,  si fa un po’ di tutto, poi col tempo si sceglie cosa fare. Così, a poco a poco mi sono indirizzato verso ciò che mi dava più soddisfazione: ridare alla gente la voglia e la sicurezza di sorridere di nuovo, e quasi tutti i miei pazienti sono persone che hanno questo tipo di esigenza.

In questi anni ha sentito la crisi oppure questa sua impostazione l’ha preservata dalla recessione?

La verità è che io lavoro dal 2003. I famosi tempi d’oro degli anni ’80 non li ho mai vissuti e di conseguenza non ho mai percepito il peggioramento finanziario che tanti lamentano. Al contrario, ho mosso i primi passi in un’epoca in cui la congiuntura economica era già difficile e mi sono adeguato alla situazione in una maniera per me soddisfacente.

Come interpreta un giovane odontoiatra il concetto di salute?

Oggi sicuramente il concetto di salute si basa sia sul benessere fisico, sia su quello psicologico. Personalmente, ritengo ugualmente “ammalata” una persona che si vergogna di sorridere in mezzo alla gente: è un paziente da curare, alla stregua di chi lamenta un ascesso o la perdita di un dente. Per questa ragione, nel mio lavoro, non mi concentro più solo sul dente, ma guardo a tutto il sorriso del paziente, è questo il mio focus.

Quanto è importante la personalizzazione del sorriso?

È molto importante. Attraverso la tecnica del DSD, Digital Smile Design, oggi si ha la possibilità di personalizzare il sorriso al 100% e questo grazie alla moltitudine di parametri del viso di cui possiamo tener conto. In questo modo si ricostruiscono i denti osservando l’intero viso del paziente e non i singoli elementi: le anatomie, le lunghezze, sono tutte informazioni che permettono di personalizzare il risultato, e questo rende ogni lavoro unico nel suo genere.

Come cambia l’approccio quando si mette al primo posto l’estetica?

In genere tutti i miei colleghi si concentrano innanzitutto sulla funzione del dente e non sull’aspetto estetico; ovviamente sono d’accordo sul fatto che un dente deve riuscire a svolgere la sua funzione al meglio, ma questa deve essere indissolubilmente legata all’estetica, altrimenti il lavoro è privo di senso: io parlo di una “funzionalizzazione estetica”, perché alla fine di tutto il lavoro, per il paziente è importante piacersi.

Dunque al paziente interessa il risultato finale e null’altro: in un certo senso è un ritorno al vecchio paternalismo che tanto è stato criticato?

La situazione negli ultimi anni è molto cambiata: una volta il paziente si affidava alle mani di un medico che veniva percepito come un’autorità e anche un lavoro poco gradito non veniva contestato. Adesso non è più così, la gente pretende i risultati per cui ha pagato ed è per questo che il lato estetico diventa fondamentale. Io discuto sempre prima del risultato finale, ma non mi dilungo molto in aspetti prettamente tecnici che poco interessano a chi non è del mestiere. Mostro invece il risultato finale perché punto alla piena soddisfazione del cliente.

Com’è il suo rapporto con l’odontotecnico?

Per me è un rapporto speciale, perché ho la fortuna di lavorare con una persona fantastica, Amerigo Uberti, proprietario del laboratorio Dental Style, con il quale condivido quasi più tempo che con mia moglie. Di lui ho stima, rispetto e una devozione totale, ed è doveroso affermare che gran parte del mio successo è sicuramente merito del suo lavoro.

Non tutti gli odontoiatri hanno questa sensibilità…

Probabilmente non sono come me ed è per questo che, anche se sembra presuntuoso dirlo, forse non ottengono i miei risultati. Ritengo basilare il feeling con l’odontotecnico. Amerigo riesce a interpretare la mia idea di estetica alla perfezione: se fossi un odontotecnico farei i denti esattamente come fa lui.

Come giudica le innovazioni tecnologiche anche nel mondo odontotecnico?

Sono propenso alle innovazioni tecnologiche, ma solo se queste portano ad un miglioramento del lavoro e non ad un risparmio ricercato ad ogni costo. Non credo si possa lavorare con un odontotecnico a 10mila km di distanza, senza mai vedersi e condividendo solo il lato economico dell’attività, perché il nostro è un rapporto estremamente confidenziale, richiede un confronto quotidiano che è quello che poi porta ad una crescita professionale. Forse mandare un’impronta al di fuori dell’Italia può costare meno, ma preferisco preservare il significato del mio lavoro, anziché puntare al risparmio.

Questa filosofia che ricadute ha sullo studio?

Il lavoro certosino che svolgo sicuramente richiede un tempo superiore alla media e un investimento culturale molto alto, di conseguenza per me è difficile essere concorrenziale da un punto di vista meramente economico. Tuttavia, la mia bravura come odontoiatra e quella della mia equipe è far riconoscere  al paziente la differenza qualitativa proposta, cosa che nella maggior parte dei casi viene capita e accettata di buon grado. Personalmente ho molti dubbi, ma una certezza: pagare poco non sempre porta il paziente alla piena soddisfazione. C’è chi preferisce invece pagare qualcosa di più, ma ottenere esattamente ciò che desidera. Insomma, bisogna trovare il giusto rapporto qualità prezzo e questo, nella mia esperienza, alla fine paga.

Cosa vede nel suo futuro?

Per quanto mi riguarda, vedo sicuramente un’implementazione della mia attività che mi porterà non tanto ad una maggiore soddisfazione economica, quanto alla possibilità di arrivare a fare tutti i giorni  ciò che più mi piace. E’ un obiettivo che mi auguro di raggiungere al più presto. Poi, probabilmente a questo seguirà una crescita economica, ma il mio scopo principale è la gratificazione personale che, ho scoperto, va di pari passo a quella dei miei pazienti.




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