Parodontite e genetica: esiste una predisposizione familiare?

La parodontite (conosciuta da molte persone come “piorrea”) è una delle più diffuse malattie croniche ai danni del parodonto, che comprende le strutture di sostegno dei denti. La parodontite è una patologia batterica: i batteri sono responsabili di una infiammazione che può determinare gli esiti negativi della malattia. Esiste una predisposizione genetica alla parodontite? Sì, e scopriremo di più insieme in questo articolo.

Cosa comporta la malattia parodontale?

La parodontite o piorrea è cronica e, avendo un lungo decorso, richiede un’assistenza e un controllo a lungo termine, oltre a una prevenzione primaria, data l’elevata incidenza. Infatti, una persona su due in Italia mostra qualche segno di parodontite dopo i 40 anni; addirittura due soggetti su tre sopra i 65 anni.

 

I/le pazienti affetti/e dalla parodontite, specie se non diagnosticata e trattata nelle fasi iniziali, vanno incontro a notevoli disagi.

 

Infatti, l’allungamento e la mobilità dei denti sono tra i principali effetti della malattia, oltre ovviamente alla perdita dei denti stessi, con gravi conseguenze dal punto di vista funzionale ed estetico.

 

Ciò significa un’alterazione della funzione masticatoria e un evidente danno psicologico, determinato dall’incapacità di masticare adeguatamente e dall’estetica del sorriso alterata.

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Come gestire i fattori di rischio?

Per prevenire o contenere la parodontite, uno degli aspetti fondamentali è il controllo dei fattori di rischio responsabili sia della manifestazione sia della progressione della malattia. Però, va evidenziato che esistono due tipi di fattori di rischio:

  • Fattori di rischio non modificabili, rappresentati dalla genetica e dalla suscettibilità individuale;
  • Fattori di rischio modificabili: è proprio dal controllo di questi ultimi che dipende il controllo della malattia.

Esiste familiarità con la parodontite?

La letteratura scientifica del settore e gli studi sulla malattia parodontale hanno dimostrato come la malattia abbia una certa familiarità e che possa esserci un modello di trasmissione verticale (genitori–figli).

 

Ma in che misura pesa la componente ereditaria nella parodontite e nella gengivite? Questo quesito ha guidato le indagini scientifiche del professor Luigi Nibali, odontoiatra italiano e docente alla Queen Mary University di Londra.

Lo studio scientifico

Con il suo team di ricercatori angloamericani, il medico ha avviato una revisione sistematica della letteratura. Come si può leggere sul Journal of Dental Research, la risposta ottenuta, necessariamente approssimata, è che i fattori ereditari incidono di circa un terzo.

 

Infatti, l’ereditabilità viene tradizionalmente stimata conducendo studi su gemelli o su familiari, tramite differenti approcci analitici e, più recentemente, con gli studi di associazione genome-wide.

 

Questi mirano a studiare l’intero genoma, in relazione a varianti comuni che possono determinare malattie genetiche, confrontando i genotipi di grandi gruppi di pazienti non imparentati con i pazienti dei controlli.

 

Queste metodologie sono state riportate nei 28 articoli che hanno soddisfatto i criteri di inclusione e hanno coinvolto oltre 50mila soggetti.

 

Le metanalisi sono state poi condotte separatamente, raggruppando gli studi in base al tipo di indagine seguito. La stima di ereditarietà per la malattia parodontale ottenuta dagli studi su gemelli è stata del 38%, ricavata confrontando la prevalenza nei gemelli monozigoti ed eterozigoti.

 

Questo approccio ha lo scopo di ridurre il confondimento dovuto a fattori ambientali (inclusi i fattori intrauterini) e parte dal presupposto che i gemelli monozigoti condividono il 100% del genoma, mentre gli eterozigoti ne condividono circa la metà.

 

L’analisi di questo tipo di studi dimostra il ruolo rilevante dei fattori genetici nella malattia, tuttavia suggerisce anche che, anche nei gemelli monozigoti, il fatto di vivere nello stesso ambiente e di avere abitudini simili determina molte delle similitudini rilevate.

 

In ogni caso si è osservato che, nella genesi della parodontite grave, i fattori genetici hanno un peso maggiore. Rispetto agli studi sui gemelli, l’ereditarietà negli studi familiari risulta inferiore (15%), ma risale al 29% quando gli studi su gemelli e familiari vengono tra loro associati.

 

Come affermano gli autori, probabilmente le percentuali più basse sono dovute ai metodi impiegati e ai campioni analizzati, generalmente più piccoli.

 

Anche gli studi di associazione genome-wide hanno individuato inferiori tassi di ereditarietà, rispetto a quelli condotti sui gemelli.

 

In questo caso, uno dei limiti rilevati da Nibali e dai colleghi risiede nella definizione di malattia parodontale, molto diversa tra uno studio e l’altro: l’influenza genetica rilevata è stata maggiore quando si sono scelti criteri più stringenti, corrispondenti a malattia parodontale più grave.

Conclusioni

Questa revisione conferma che una parte sostanziale della varianza fenotipica della malattia parodontale nella popolazione è dovuta alla genetica, che l’ereditarietà tende a essere più elevata per forme di malattia più grave e ad esordio precoce e che aumenta nei fumatori.

Come agiscono i fattori genetici o fattori di suscettibilità?

I fattori genetici sono detti anche fattori di suscettibilità. Ciascuno di essi non è necessario, né sufficiente, a determinare la malattia parodontale, tuttavia risulta in grado di modificarne il rischio di insorgenza.

 

Queste variazioni a livello del codice genetico possono avere diversi effetti, per esempio modificare i livelli di espressione genica, determinare lievi modifiche funzionali alle molecole codificate, rendendo le persone più suscettibili all’insorgenza di una determinata patologia o all’insorgere di quadri clinici più gravi della malattia stessa.

 

Negli ultimi anni, le indagini sui fattori di suscettibilità allo sviluppo della parodontite o piorrea si sono indirizzate principalmente allo studio di geni che codificano fattori coinvolti nella modulazione della risposta immunitaria, recettori della superficie cellulare, citochine, enzimi e proteine correlate al riconoscimento dell’antigene.

 

Per esempio, le citochine sono fattori chiave che mediano il processo infiammatorio nella malattia parodontale. Infatti, esse hanno un ruolo nell’attivazione, nella proliferazione e nella differenziazione delle principali cellule coinvolte nelle manifestazioni gravi di parodontite, e sono considerate indirettamente responsabili della distruzione del tessuto connettivo e del riassorbimento osseo, un fattore chiave nella malattia parodontale.

Come tenere sotto controllo l’insorgenza della parodontite?

Ai genitori che hanno avuto la parodontite dovrebbe stare a cuore la salute parodontale dei propri figli e figlie. Proprio per questo, è sempre molto importante consultare un esperto parodontologo, figura professionale di cui ci avvaliamo presso il nostro studio di odontoiatria a Modena.

 

Tramite un rigoroso controllo diagnostico– esecuzione del test PSR a ogni visita e durante le regolari sedute di mantenimento igienico – e una terapia di mantenimento a intervalli regolari (ogni 6 mesi) il professionista è in grado di intercettare e curare ogni segno iniziale di infiammazione.

 

Il controllo della placca (indice di placca inferiore al 20 %) e il controllo del sanguinamento (<10 %) sono i principali obiettivi che devono essere raggiunti e mantenuti nel tempo.

 

Questi mezzi, in associazione a strumenti di controllo come il profilo di rischio individuale, ci permettono di monitorare e adattare la terapia secondo rigorosissimi sistemi di controllo e prevenzione.

 

Fortunatamente, rispetto al passato, oggi è più semplice prendersi cura della salute parodontale dei nostri figli e figlie, purché ci sia un’efficace comunicazione e comprensione dell’importanza di questo progetto a lungo termine: un vero e proprio investimento nella salute che consentirà di evitare futuri disagi e terapie invasive e dispendiose.

 

Spero di averti fornito indicazioni utili. Per qualsiasi domanda o chiarimento, non esitare a scrivere all’indirizzo simone@simonevaccari.it o a rivolgerti allo studio: saremo molto lieti di rispondere alle tue richieste.




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